Roberto Pierini

Castelli e fortificazioni, da Volterra ad Elbasan

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La realtà odierna della Kalà.
Soltanto dopo la seconda guerra mondiale (1948) lo stato ha istituito un primo elenco dei beni storici da proteggere considerandoli innanzi tutto come veri e propri documenti storici cui doveva essere tutelata l’autenticità, evitandone alterazioni da parte dell’uomo e degli eventi naturali.
Sotto questo punto di vista le testimonianze che più delle altre si trovano in buono stato di conservazione come (Dyrrahu, Petrele e Scampa) è importante che siano preservate, il più possibile, da ulteriori alterazioni.
Fino ad oggi la realtà del nucleo storico d’Elbasan è stata al centro di un continuo decadere nel tempo, connesso all’abbandono derivante dalla prevalente politica di sviluppo dei luoghi periferici maggiormente legati allo sviluppo industriale cui per decenni nel dopoguerra era stata indirizzata la città dalla pubblica amministrazione (piano regolatore della città del 1981).
Il degrado edilizio del centro storico è continuato quindi fino a poco tempo fa, quando si è fatta strada, nell’opinione pubblica, l’idea che la Kalà potesse costituire una risorsa importante per le prospettive di sviluppo del paese e si è tornati di nuovo ad investire nel recupero della fabbricazione esistente seppure con risultati a volte discutibili.
In questa fase diviene opportuno e urgente evitare che si continuino ad addossare ai reperti storici significative e successive superfetazioni, che sono determinate da un uso di questi manufatti in funzioni del tutto estranee a quelle d’origine e, nei casi estremi, a stravolgimenti dei beni che ne alterino i caratteri.
E’ necessario anzi che la fortezza d’Elbasan sia valorizzata senza indugio nella sua architettura e per i valori fondanti originari che ci testimoniano la storia di 20 secoli di trasformazioni.
I progettisti del Piano delle aree centrali (2003-5), ingegneri Ardian Gjergji e Antonio Sibilla, nel corso del loro recente lavoro, hanno saputo cogliere questa potenzialità indicando per il centro storico tra le mura “Kala” la necessità di procedere quanto prima ad uno specifico progetto di recupero e conservazione.
Nel loro piano regolatore si indica, in via transitoria, di attuare una politica di riqualificazione per gli spazi pubblici attraverso il restauro delle pavimentazioni originarie in pietra e provvedendo contestualmente alla posa in opera di un idoneo sistema di fognatura urbana e d’illuminazione pubblica. Per quanto riguarda gli edifici storici, specificatamente individuati dall’Istituto dei beni monumentali, allorché stiano per essere sottoposti ad interventi di restauro si propone fin d’ora che il loro progetto sia preventivamente approvato dallo stesso Istituto.


Fig. 8 La chiesa Ortodossa di S. Maria (XVI sec.).


Fig. 9 Portico laterale della chiesa.

Infine il piano ritiene che la carta vincente possa essere costituita dall’introduzione nel centro di destinazioni d’uso differenti dalla residenza al fine di richiamare all’interno del centro storico stesso piccole attività commerciali e terziarie (negozi, bar, ristoranti; piccoli centri di servizio, ecc.) capaci di convogliare nell’area un elevato numero di persone e di rendere più vitale quest’importante parte della città.
Questa indicazione tuttavia se attuata indiscriminatamente può essere dannosa per le trasformazioni edilizie che essa induce in assenza di una precisa disciplina, a questo proposito appare quanto mai opportuna la sottolineatura contenuta nel piano di Gjergji e Sibilla sulla necessità di individuare strumenti urbanistici tesi alla conservazione dei caratteri dell’organismo storico in quanto appunto elemento di riqualificazione e valorizzazione dell’intera città d’Elbasan.

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