STUDIO, INTERPRETAZIONE E CLASSIFICAZIONE DELLE STRUTTURE MILITARI DELLA CITTADELLA
Prof. Ing. Roberto Pierini
Responsabile Scientifico del progetto
Docente in Urbanistica presso la Facoltà di Ingegneria dell'Università di Pisa
r.pierini@ing.unipi.it
http://www2.ing.unipi.it/~d1307/
Premessa
L’indagine storico archeologica sviluppata nel primo capitolo ha costituito la base di partenza per approfondire l’analisi della fortificazione attuale della Kalà e darne una prima classificazione generale indispensabile per predisporre i progetti di riqualificazione e di valorizzazione. Fondamentale è stato studiare la consistenza originaria della fortificazione e le modi? che intervenute nelle epoche successive (analisi stratigrafica). Con questo scopo da un lato si è approfondito il tema dei riferimenti storico bibliografici relativi alle numerose fortificazioni romane e ottomane conosciute, dall’altro si è proceduto al rilievo completo della parte emergente delle fortificazioni che attualmente sono in vista. Inoltre gli scavi eseguiti hanno riportato alla luce la parte bassa delle torri completando la geometria relativa al semiperimetro dell’intera fortificazione sui lati Ovest, Sud e Est.
La cittadella romana
Gli storici che si sono interessati del complesso delle fortificazioni romane mettono in evidenza come la loro forma e consistenza sia andata modificandosi nel tempo per adeguarsi alle mutate esigenze politico-militari, orografiche e della tecnica. L’ordine romano, nel periodo di massimo splendore dell’impero, veniva assicurato dalla potenza militare dell’esercito, ma soprattutto derivava dalla possibilità delle legioni di intervenire rapidamente ai primi indizi di rivolte, tumulti e sollevazioni delle popolazioni che stazionavano ai limiti dell’impero. La vera forza di Roma è stata costruire e mantenere una fitta rete di comode strade munite di ogni opera ingegneristica necessaria a superare le difficoltà orografiche, attraverso le quali il governo centrale si collegava alle regioni più lontane dell’impero nel minor tempo possibile. Poter comunicare rapidamente informazioni (con i mezzi disponibili all’epoca) e altrettanto rapidamente spostare le legioni limitanee con tutto l’apparato di approvvigionamenti era il segreto del successo politico militare romano. La creazione di un reticolo stradale tecnicamente avanzato per quel periodo e delle necessarie stazioni di posta (che avevano la funzione e l’obbligo di rendere il più veloce possibile il transito di corrieri, e di tutte le figure che l’autorità politica delegava a svolgere un servizio per l’impero, provvedendo al ricovero e al cambio dei cavalli) ha costituito nei secoli l’ossatura del potere romano. Si potrebbe dire che la buona tenuta dei collegamenti è andata di pari passo con la potenza dell’impero romano e parimenti con la sua decadenza. E’ nota infatti la capacità dell’esercito di spostarsi e colpire spietatamente le popolazioni che osavano attaccare gli insediamenti e i beni del popolo romano in qualsiasi regione ciò avvenisse, ciò faceva parte di una efficace politica di dissuasione e costituiva un fortissimo deterrente contro i popoli riottosi all’ordine romano. La creazione di accampamenti fortificati e di castelli, in molte occasioni si può leggere come la risposta strategica (attraverso dei presidii territoriali sicuri) per superare le crescenti difficoltà che si dovevano affrontare mano a mano che l’impero espandendosi perdeva il controllo dei territori più lontani. Sotto questo punto di vista la costruzione del castello di Skampini (l’odierna Elbasan) sulla via Egnatia che collegava Roma a Costantinopoli sembra coincidere con la guerra che si concluderà con la conquista dell’Illyria dai parte dei Goti alla ? ne del IV secolo D.C. (Karaiskaj, 1976). Lo stesso Neritan Ceka (1977) individua Skampini identificandola con Skeminites che si trova nella lista di Procopio e data la sua edificazione in epoca Giustinianea. Il castello di Elbasan si presenta con la forma classica dell’accampamento militare (castrum), un recinto rettangolare delle dimensioni di 308x348 m, protetto da una muratura costituita da grosse pietre disposte a ? lari e legate con malta, realizzata con la tecnica dell’opus mixtum, e consolidata da 4 strati di muratura di mattoni passante. Detta muratura ha spessore variabile da 2,40 a 3,00 metri, presumibilmente era alta 8/10 metri, munita di 26 torri sporgenti dalla faccia esterna della cortina muraria, poste a intervalli di 40 e/o 45 metri l’una dall’altra, ed è circondata all’esterno da un ampio fossato con acqua. Il recinto era accessibile da quattro ingressi corrispondenti alle vie principali, cardo e decumano dei quali tre esistono tuttora mentre del quarto secondo l’archeologo Karaiskai esistono le tracce in corrispondenza della chiesa Uniate esistente al centro della cortina Nord. Le porte di ingresso erano munite di antiporta e l’asse del decumano corrispondeva al percorso della via Egnatia da occidente ad oriente. Sulla base di queste considerazioni e del rilievo si è ricostruita la planimetria delle fortificazioni della kala.Allo stato attuale è andata perduta parte dell’organizzazione geometrica interna e del reticolo stradale corrispondente, oltre a gran parte della fortificazione a Nord del decumano. Tuttavia gli scavi eseguiti nel 2006/7 hanno dimostrato che sotto la città attuale esistono i resti della città romana e delle parti di fortificazioni oggi non in vista. Le torri sono di due tipi, quelle di cortina che hanno forma a U ed una larghezza interna di 5 metri, e quelle poste ai quattro angoli che sono del tipo cosiddetto a “ventaglio”. Entrambe le tipologie si innestano ortogonalmente al muro di cortina per poi terminare nella parte anteriore con un arco di cerchio pari a metà della circonferenza. Il rilievo scientifico eseguito con metodi tradizionali, fotogrammetrici e con l’impiego del laser scanner ha consentito di ricostruirne esattamente la conformazione attuale. Torrione d’angolo a Sud-Ovest. Confrontando queste caratteristiche con i tipi che si possono desumere dalle fortificazioni edificate dai romani al limes dell’impero nel periodo che va dal 1° al 4° sec. D.C. (Lander, 84) risulta che, fra le centinaia esistenti, vi sono alcune decine di castelli, collocati prevalentemente nell’area del basso Danubio, in Medio Oriente e nel Nord d’Africa che presentano caratteri più o meno analoghi a quelle di Skampini (Elbasan). Quindi l’attenzione si è concentrata sulla forma delle torri aggettanti rispetto alla fortificazione ed in particolare delle torri d’angolo con la loro caratteristica forma a ventaglio. Le città più importanti sono: Norico (Zwenterndorf), Pontes, Dumer, Capidava, Dinogetia, Libida, Troesmis, Udhruh, ecc, e fra queste emerge per molte analogie la città di Lejjum in Siria (Brunnow e Domaszewski). La diffusione di questa tipologia di torri secondo gli esperti sembra potersi collocare nel periodo temporale che va da Diocleziano e la tetrarchia, Costantino ? no a Valentiniano. Da questi indizi e da quelli precedentemente citati si può affermare quindi che, con molta probabilità, la fortezza di Skampini sia stata edificata nella seconda parte del IV secolo D.C.. Le misurazioni desunte dal rilievo topografico strumentale hanno evidenziato che il succedersi di eventi alluvionali ad opera del torrente Zaranika, che corre a Nord della fortificazione, hanno finito per modi? care profondamente il livello del terreno. Quello attuale è quindi assai diverso dall’originario che è stato portato alla luce grazie agli scavi eseguiti nell’angolo Sud-Ovest che hanno permesso di evidenziare la parte originaria della fortificazione romana e della relativa fondazione. Per descrivere sommariamente questo fenomeno si può affermare che i depositi limo-ghiaiosi conseguenti alle alluvioni hanno determinato il formarsi di un piano inclinato avente asse di riferimento dall’angolo Nor-Ovest verso l’angolo opposto di Sud-Est In altri termini il terreno pende da Ovest verso Est e da Nord verso Sud. Inoltre la presenza della cortina muraria ha fatto sì che si sia determinato un notevole dislivello fra l’odierno livello naturale del terreno all’esterno del castello e quello interno, ciò è evidenziato dal salto di quota esistente prevalentemente sui lati Nord e Ovest. La comparazione fra il livello della soglia di ingresso al torrione posto nell’angolo Sud Ovest (sicuramente romana) e le quote attuali delle porte Ovest, Sud ed Est mette in evidenza che la soglia dell’ingesso Ovest deve trovarsi a circa due metri di profondità rispetto alla quota della strada attuale. L’indagine eseguita con il geo-radar ne ha evidenziato la probabile presenza sotto la strada attuale. La soglia originaria della porta Sud (l’unica ancora esistente) dovrebbe trovarsi invece circa un metro sotto il livello attuale della strada, a ulteriore conferma che la porta Sud rappresenta ciò che è giunto ? no a noi della porta primigenia del cardo romano. Al di là della datazione esatta delle parti di fortificazione oggi esistenti (per le quali lo studio si è limitato ad una classificazione sommaria questa considerazione sui livelli mi serve per stabilire che la fortificazione originaria romana aveva un’altezza non molto diversa da quella che attualmente noi possiamo vedere sul posto. Infatti considerando anche la presenza di ampi residui di archi rampanti posti a sostegno delle scalinate di accesso alla sommità della cortina (che nascono e si sviluppano in continuità dalla fondazione romana) si può affermare che l’altezza originaria del muro della fortificazione fosse all’incirca intorno a 8/10 metri, perciò non molto diversa da quella attuale ottomana. Quindi la configurazione attuale della fortificazione (rilevata in modo scientificamente esatto con il laser scanner) è, a grandi linee, eguale a quella edificata dai romani quasi due millenni fa. Ciò naturalmente non significa che nelle epoche successive non vi siano state demolizioni e ricostruzioni della fortificazione del castello di Skampini – Elbasan e della cittadella ospitata al loro interno. La parte superiore delle mura e dei torrioni come è stato ben messo in evidenza nelle tavole di datazione sommaria risulta infatti ricostruita in epoche successive e presenta chiari elementi di distinzione in molti casi iscrivibili con buona approssimazione al periodo bizantino o ottomano. La cittadella bizantina Skampini prese parte all’espansione del cristianesimo lungo la via Egnatia, dalla documentazione degli storici si hanno notizie della presenza di Basiliche Cristiane, dell’acquisizione di una sede vescovile e di una cattedrale. Ma come ogni città posta in una vallata aperta su una via di comunicazione importante Skampini era esposta agli attacchi dei popoli barbari che discendevano dall’interno dei Balcani e approfittavano del disfacimento dell’impero per effettuare scorrerie e saccheggi. E’ appunto in questo periodo che l’imperatore Giustiniano si sforza di sviluppare il sistema delle fortificazioni poiché le legioni non sono più in grado di garantire la sicurezza del territorio, nonostante ciò la città fu ripetutamente attaccata ? no alle pesanti distruzioni provocate dai Bulgari e dagli Ostrogoti durante le invasioni dei popoli slavi dell’interno dei Balcani. L’autorità di Bisanzio non riusciva a mantenere il controllo del territorio interno e a malapena riusciva a garantire quello sulle coste. Della presenza cristiana nella cittadella vi sono molte tracce così come nell’apparato murario della fortificazione (interventi di riparazione delle torri nelle cortine a sud e a ovest) che pur con alterne vicende, visse un periodo di notevole decadenza e di rovina.
La cittadella ottomana
Il sito sembra essere stato abbandonato ? no a quando gli invasori ottomani, impegnati nella guerra contro Scanderberg furono costretti dalla sua resistenza ad accamparsi nelle vicinanze per passare l’inverno. L’opportunità di usare i resti della fortezza era troppo favorevole così ne decisero la ricostruzione che fu realizzata in pochi mesi nell’anno 1464. Il sultano Mehemet II, che guidava l’esercito ottomano ricostruì i quattro lati del castello munito delle torri di guardia e di un profondo fossato e tre porte di ingresso opportunamente fortificate. Da questo nuovo evento nasce, sui resti di Skampini, la cittadella medievale di Elbasan, così ribattezzata dal Sultano. La cittadella ottomana, segue l’impostazione generale della precedente fortificazione, adottando semplicemente gli adeguamenti resi necessari dal mutamento delle tecniche e delle tecnologie militari, ciò si nota ad esempio nella forma delle aperture dei torrioni che assumono la caratteristica svasatura necessaria a consentire lo sbraccio dell’artiglieria. Nel XV sec. all’incrocio fra i due assi principali della città fortificata, le strade che provengono dalle porte Sud e Ovest, per celebrare l’importanza della sua ricostruzione e porre in essa il simbolo della cultura ottomana, venne edificata la moschea reale di Fatih (Mbret), la moschea più antica di Albania. La viabilità interna si adatta anch’essa alla cultura turca, perdendo sempre più i caratteri propri del castrum: eccetto il decumano, le strade interne divengono viuzze strette, di forma tortuosa, definite dalle impenetrabili recinzioni in pietra ove si sviluppano gli agrumeti e i giardini interni. Nei 400 anni successivi Elbasan divenne il simbolo della civilizzazione ottomana per tutta l’Albania, risultando la città albanese che più ha saputo integrarsi con la cultura islamica. A seguito della decadenza dell’impero musulmano la fortezza di Elbasan fu smantellata come presidio militare dal Reshit Pascia nel 1832. La fortificazione esistente presenta in più punti la necessità di essere restaurata mediante opere di consolidamento e in qualche caso di ripristino della configurazione precedente che risulta alterata da interventi di cannibalizzazione con asportazione delle pietre. La localizzazione di questi fenomeni e, più in generale, dello stato di conservazione delle murature viene riportata nelle tavole allegate e deriva dalle valutazioni conseguenti al rilievo fotogrammetrico speditivo, integrato con i risultati del rilievo con il laser scanner e con l’ulteriore rilievo topografico tradizionale che sono stati eseguiti nel Febbraio-Marzo 2007.
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