Rivelatori di
Segnali Ottici



Introduzione

I fotorivelatori sono dispositivi che producono una corrente elettrica proporzionale all'intensità della radiazione luminosa che incide sull'area attiva dei medesimi. Il funzionamento dei rivelatori di segnali ottici si basa sul meccanismo di assorbimento della radiazione elettromagnetica da parte della materia, come descritto nel Cap. 2; nel seguito vedremo i due principali tipi di fotorivelatori: i fotodiodi p-i-n ed i fotodiodi valanga.
Ogni fotone incidente su di una porzione di semiconduttore intrinseco viene, teoricamente, assorbito producendo una coppia elettrone-lacuna nel materiale che, sotto l'azione di un campo elettrico esterno, contribuisce alla corrente di fotoconduzione. Ogni tipo di rivelatore fotoconduttivo richiede, per rivelare la presenza di radiazione luminosa, la presenza di una polarizzazione esterna ed, in particolare, in assenza di radiazione incidente la corrente nel circuito esterno è praticamente nulla dato il basso valore di conduttività del semiconduttore intrinseco. D'altra parte, in presenza di una radiazione incidente con potenza ottica utile P, il numero di portatori generati per assorbimento può essere rilevante e la corrente può assumere valori apprezzabili, provocando una cospicua caduta di tensione su di un resistore di polarizzazione collocato sul circuito esterno. Indicando con Iid la corrente prodotta per fotoconduzione in condizioni ideali di assorbimento totale ed assumendo che la radiazione luminosa abbia frequenza f0, si può scrivere che

IV1.gif - 1060 Bytes.

Per un fotorivelatore reale la corrente misurata è minore del valore ideale di un fattore eta.gif - 871 Bytes < 1 chiamato efficienza quantistica del dispositivo, per cui si ha

IV2.gif - 1060 Bytes

ed, introducendo la responsivity del rivelatore di segnali ottici (misurata in A/W)

IV3.gif - 1518 Bytes

si ottiene la relazione che caratterizza fenomenologicamente il fotorivelatore

IV4.gif - 948 Bytes.

L'efficienza quantistica (o rendimento quantistico) può esprimersi in modo semplice tramite la relazione

IV5.gif - 1267 Bytes

ove RS è il coefficiente di riflettività dell'interfaccia aria/semiconduttore, alfa-small.gif - 842 Bytes0 è il coefficiente di assorbimento per unità di lunghezza del materiale e d è la larghezza della zona di assorbimento. Ricordando le osservazioni fatte sull'emissione stimolata e sull'assorbimento [Cap. 2.2.3], sappiamo che il coefficiente di assorbimento alfa-small.gif - 842 Bytes0, per un dato materiale, dipende fortemente dalla lunghezza d'onda lamda.gif - 870 Bytes. Tale dipendenza è riportata nella figura seguente per alcuni materiali semiconduttori impiegati nella fabbricazione di fotorivelatori.

FigIV1.gif - 6754 Bytes
Fig. 3.1 - Coefficiente di assorbimento di vari semiconduttori intrinseci.

In figura si nota che esiste una lunghezza d'onda critica lamda.gif - 870 Bytesc oltre la quale l'assorbimento è troppo piccolo per consentire l'uso del dispositivo come fotorivelatore. La lamda.gif - 870 Bytesc è la lunghezza d'onda corrispondente all'energia minima necessaria al fotone incidente per essere assorbito (Eg = h*f0) provocando la transizione di un elettrone dalla banda di valenza alla banda di conduzione e, quindi, lamda.gif - 870 Bytesc = h*c/Eg.

FigIV2.gif - 2917 Bytes
Fig. 3.2 - Assorbimento in un semiconduttore a gap indiretto.

Si noti che per quanto riguarda l'assorbimento non ha alcuna rilevanza la caratteristica di gap diretto o indiretto che è invece di fondamentale importanza per la realizzazione di buoni dispositivi emettitori a semiconduttore. Osservando la figura precedente, infatti, si nota che anche per un semiconduttore a gap indiretto si può avere facilmente una transizione diretta dalla banda di valenza a quella di conduzione perchè in quest'ultima esistono stati disponibili aventi stessa quantità di moto dello stato di partenza in banda di valenza.


3.1 - Il Diodo Fotorivelatore p-i-n

Un semiconduttore intrinseco può, dunque, servire da fotorivelatore ma tale materiale non può essere usato per applicazioni pratiche in quanto possiede una scarsa responsivity ed una forte inerzia elettrica.
Un fotorivelatore di tipo diverso si può realizzare facilmente dotando il semiconduttore di un campo elettrico intrinseco tale da provocare, in un circuito esterno, una corrente di fotoconduzione anche in assenza di polarizzazione esterna; tale tipo di dispositivo prende il nome di fotovoltaico. Una condizione del genere può essere realizzata mediante una giunzione p-n in cui, grazie al drogaggio di tipo opposto sui due lati, le coppie elettrone-lacuna generate per assorbimento di un fotone nella zona di svuotamento vengono allontanate dalla giunzione per effetto del campo elettrico interno creando la corrente di fotoconduzione. Nella pratica la giunzione viene polarizzata inversamente con un circuito esterno per aumentare il campo interno ed, in tal modo, i portatori generati per assorbimento vengono rimossi più velocemente dalla zona attiva. Ciò consente di mantenere la concentrazione dei portatori generati per assorbimento modesta nei rispettivi stati eccitati ed, allo stesso tempo, di massimizzare il tasso di assorbimento del materiale (RAS). Quando un fotone interagisce con la giunzione nella zona di svuotamento, la coppia elettrone-lacuna generata viene allontanata rapidamente dal campo esterno cosicché il movimento di portatori innescato (corrente di trascinamento) rinforza la debole corrente di conduzione inversa. Se, invece, la coppia elettrone-lacuna si trova al di fuori della zona attiva, per esempio nella zona p, la lacuna (portatore maggioritario) è libera di contribuire alla corrente di trascinamento immediatamente mentre l'elettrone (portatore minoritario) deve prima diffondere (corrente di diffusione) fino alla zona di svuotamento; analogamente nella zona n, fatte le debite modifiche. Questo meccanismo provoca una notevole inerzia elettrica, limitando la velocità di risposta e, quindi, la banda.
Un modo semplice per aumentare la banda del dispositivo consiste nell'interporre tra le due zone drogate (p ed n) una larga zona di semiconduttore intrinseco, creando il diodo p-i-n, come mostrato di seguito.

FigIV2a.gif - 4606 Bytes
Fig. 3.3 - Diodo fotorivelatore p-i-n: (a) struttura di principio; (b) realizzazione ad eterostruttura in InGaAs.

Poiché lo strato centrale è intrinseco, esso rappresenta una zona di alta resistenza al passaggio della corrente creando, dunque, una forte caduta di tensione ai propri estremi; la zona di svuotamento si prolunga attraverso tutto lo strato intrinseco, che ha una lunghezza (fino a 50 mu.gif - 834 Bytesm) maggiore di quella degli strati p ed n, cosicché l'assorbimento nella zona di diffusione può essere trascurato e la corrente di trascinamento è nettamente prevalente; il diodo p-i-n è, dunque, un dispositivo a larga banda (centinaia di MHz). Un incremento di banda si ottiene realizzando dispositivi con materiali ternari (InGaAs), in cui la zona di svuotamento può essere ridotta (meno di 10 mu.gif - 834 Bytesm) minimizzando il tempo di attraversamento così da avere una banda da qualche GHz fino a oltre i 10 GHz.
Per migliorare le prestazioni del fotorivelatore p-i-n si può utilizzare una eterostruttura in cui lo strato intrinseco è eterogeneo rispetto agli strati p ed n. Questa disposizione permette l'aumento del confinamento dell'assorbimento nella zona intrinseca alle frequenze di funzionamento: La Eg dello InGaAs ( circa.gif - 853 Bytes 0.75 eV), per esempio, è tale da causare forte assorbimento nella banda 1.3 - 1.6 mu.gif - 834 Bytesm mentre lo strato InP ha una Eg quasi doppia dello strato InGaAs ed è praticamente trasparente nella stessa banda, riducendo quasi a zero la componente diffusiva della fotocorrente. Poiché il dispositivo fotorivelatore è polarizzato inversamente, anche in completa assenza di potenza ottica incidente, nel circuito esterno scorre una piccola corrente di conduzione inversa Id, detta corrente di buio (Dark Current), di cui si deve tenere conto in fase di progetto di rivelatori per segnali ottici con fotorivelatori a semiconduttore.


3.2 - Il Diodo Fotorivelatore ad Effetto Valanga

Il problema principale dei diodi p-i-n è la scarsa responsivity, che resta dell'ordine del mA/mW, mentre per realizzare sistemi di trasmissione efficienti si ha interesse a sfruttare al massimo la potenza ottica trasmessa facendo incidere sul fotorivelatore ricevente la minima potenza prevista per avere le prestazioni richieste dal sistema. Tuttavia, in tali condizioni la corrente di fotorivelazione ottenuta dal diodo p-i-n è molto piccola e richiede una forte amplificazione elettrica. L'amplificazione elettrica di segnali così deboli, purtroppo, può indurre un peggioramento delle prestazioni dei ricevitori a causa del rumore introdotto nei primi stadi di amplificazione. Si preferisce, in molte applicazioni, utilizzare dispositivi che posseggono un guadagno intrinseco nell'azione di fotorivelazione stessa; questo significa che, questo tipo di dispositivi, producono più di una coppia di portatori per ogni fotone incidente sulla superficie attiva. Uno di questi dispositivi è il diodo valanga (PDF File LinkAPD, Avalanche Photodiode) che, come dice il nome, si basa su di un effetto valanga provocato dal fenomeno della ionizzazione per impatto: un portatore all'interno del semiconduttore prodotto per assorbimento di un fotone viene accelerato dal forte campo elettrico presente nella zona attiva, dovuto alla forte polarizzazione inversa intenzionale; tale portatore può acquisire sufficiente energia cinetica per provocare la creazione di una ulteriore coppia elettrone-lacuna per ionizzazione di un atomo del reticolo invece che per assorbimento di un fotone. In pratica, l'elettrone in accelerazione cede energia ad un secondo elettrone nella banda di valenza che può passare nella banda di conduzione, e così via. Di fatto, un portatore "primario" generato per assorbimento di un fotone può generare un certo numero di coppie "secondarie" che contribuiscono alla fotoconduzione in uscita.
L'attitudine di un semiconduttore alla ionizzazione viene quantificata dai coefficienti di ionizzazione alfa-small.gif - 842 Bytesh (per le lacune) e alfa-small.gif - 842 Bytese (per gli elettroni), che rappresentano il numero medio di ionizzazioni che si verificano nel materiale per unità di lunghezza (cm), per un fissato valore del campo elettrico esterno che provoca l'accelerazione.
A partire da un diodo p-i-n un fotorivelatore APD è realizzato aggiungendo uno strato di semiconduttore p, detto regione di moltiplicazione, come mostrato di seguito.

FigIV3.gif - 5304 Bytes
Fig. 3.4 - Schema di principio (a) e realizzazione (b) di un rivelatore APD SAM con eterogiunzione.

Nella regione di moltiplicazione ha sede il processo valanga mentre lo strato i ha ancora la funzione di generazione degli elettroni primari. Questo tipo di fotorivelatori è indicato come SAM APD (Separate Absorption and Multiplication APD).
Analizziamo in dettaglio l'effetto moltiplicativo facendo riferimento alla figura precedente, prendendo un sistema di riferimento, come indicato, con l'asse delle ascisse ortogonale alla giunzione ed assumendo come origine l'interfaccia i-p. Indichiamo con Je(x) e Jh(x) rispettivamente le densità di corrente di elettroni e lacune all'interno della zona di moltiplicazione; la somma delle due densità deve essere costante in tutta la zona di guadagno, per mantenere la neutralità della carica a regime. Supponendo che si abbia assorbimento nella sola zona i per x = d si possono trascurare le lacune iniettate dalla zona n, ovvero porre Jh(d) = 0. La densità di corrente per x = d dovrà perciò essere pari alla sola Je(d)

IV6.gif - 1168 Bytes

e, inoltre, nel punto generico x l'incremento della densità di corrente di elettroni per effetto valanga è pari a

IV7.gif - 1358 Bytes

ove l'incremento comprende due termini dovuti ai due tipi di portatori 9 ionizzati. Dalle due relazioni precedenti si ricava la semplice equazione differenziale

IV8.gif - 1445 Bytes

dalla quale si ricava, per ogni valore della densità di elettroni "primari" iniettata Je(0), l'espressione del fattore di moltiplicazione (guadagno) dello APD

IV9.gif - 1753 Bytes

ove kA è il rapporto di ionizzazione. È evidente che per d = 0 si ha M = 1, in quanto il dispositivo non presenta nessuna zona di moltiplicazione mentre per d_zero.gif - 1280 Bytes si ha M_tende_Inf.gif - 943 Bytes, cioè il dispositivo presenta un effetto di breakdown distruttivo.
Dalla descrizione precedente è chiaro che la relazione fenomenologica che lega la potenza ottica incidente alla corrente prodotta si modifica come segue

IV10.gif - 1152 Bytes

e, quindi, possiamo pensare che la responsivity dello APD sia pari a

IV11.gif - 1092 Bytes.

Per buoni fotorivelatori APD al Si si ha che M varia, tipicamente, dalla decina al centinaio con un guadagno corrispondente di 10 - 20 dB.
Il guadagno che si ottiene negli APD si paga in termini di rumore in quanto il processo di moltiplicazione dei portatori che contribuiscono alla corrente di uscita è intrinsecamente "rumoroso". Ciò è dovuto al fatto che il coefficiente che fornisce il numero di elettroni nella corrente di uscita provocati da un unico fotone assorbito nella zona i non è una costante ma è una variabile aleatoria, per la natura quantistica dei fenomeni stessi, che assume valori diversi nei diversi eventi di assorbimento e moltiplicazione. Il guadagno M può considerarsi una costante solo facendo riferimento ad opportune "medie" della corrente. Il valore istantaneo di I, in uscita allo APD, è inevitabilmente accompagnato da una componente aleatoria di disturbo in eccesso che non è presente nella corrente generata nei diodi p-i-n. Analizzando il fenomeno si trova che, al fine di minimizzare il rumore intrinseco di moltiplicazione, per minimizzare la varianza di M lo APD deve avere KA << 1 oppure kA >> 1, cioè il meccanismo di moltiplicazione deve essere affidato ad un solo tipo di portatori di carica.
Nonostante questo inconveniente i rivelatori APD vengono largamente usati nei sistemi per telecomunicazioni in quanto semplificano notevolmente il progetto della parte frontale elettrica del ricevitore che, adesso, non necessita dell'amplificazione spinta richiesta per i diodi p-i-n. È necessario, tuttavia, tenere presente che maggiore è il guadagno M offerto dallo APD, minore risulta la banda elettrica del dispositivo poiché aumenta il tempo necessario alla generazione dei portatori secondari per effetto valanga e, quindi, il tempo necessario alla loro rimozione dalla zona di moltiplicazione verso il circuito esterno. La dipendenza risulta una quasi esatta inversa proporzionalità, cosicché può dirsi che il prodotto guadagno-banda per una certa tecnologia di fabbricazione è una costante. Per trasmissioni in I finestra vengono utilizzati diodi valanga al Si che presentano bassa rumorosità ed alto guadagno in quanto per il Si kA circa.gif - 853 Bytes 0.02; la fabbricazione di buoni APD per sistemi operanti in II e III finestra presenta alcune difficoltà poiché, per i materiali più adatti in tale range, si ha kA circa.gif - 853 Bytes 1 che comporta rumorosità dello APD stesso come descritto sopra. Questo problema viene risolto con una eterostruttura in cui lo strato di guadagno è costituito da InP, che ha alfa-small.gif - 842 Bytesh > alfa-small.gif - 842 Bytese, e sopporta alti valori di campo elettrico esterno senza fenomeni di breakdown. Nella eterostruttura SAM si nasconde, tuttavia, un inconveniente dovuto alla differenza tra la Eg di InP e la Eg di InGaAs piuttosto ampia; questo porta ad un intrappolamento delle lacune all'interfaccia della eterogiunzione con un sensibile aumento del tempo di transito verso la zona di guadagno e, quindi, diminuzione del tempo di risposta del dispositivo. Il problema viene risolto aggiungendo un ulteriore strato di materiale quaternario (InGaAsP) con una Eg intermedia ed ottenendo il SAGM (Separate Absoption, Grading and Multiplication), mostrato di seguito. Per questi dispositivi il prodotto guadagno-banda è di qualche GHz.

FigIV4.gif - 4140 Bytes
Fig. 3.5 - Struttura di un APD ad eterostruttura SAGM.


3.3 - Caratterizzazione Matematica dei Fotorivelatori


3.3.1 - Fotodiodo p-i-n

Abbiamo visto brevemente le caratteristiche fisiche e funzionali dei principali dispositivi fotorivelatori. Vediamo adesso una caratterizzazione matematica del comportamento di essi necessaria nella fase di progetto e di valutazione delle prestazioni (BER o SNR) per i vari sistemi di trasmissione.
Consideriamo un diodo p-i-n investito da una radiazione luminosa avente vettore di Poiynting costante nel tempo P0 (potenza ottica utile). Ciò equivale a considerare in prima approssimazione la corrente di uscita costante e pari ad I = RP0 ma, in realtà, per effetto della aleatorietà del fenomeno di assorbimento essa sarà composta da una molteplicità di contributi elementari, ognuno dovuto al passaggio di un elettrone nel circuito di uscita, prodotto per assorbimento di un fotone incidente

IV12.gif - 1219 Bytes,

ove h(t) rappresenta l'impulso di corrente elementare provocato da un singolo elettrone 10; con tk si è indicato l'istante aleatorio di comparsa del k-esimo elettrone nel circuito di uscita. Si può dimostrare che gli istanti {tk} sono istanti di Poisson e che, quindi, I(t) rappresenta, dal punto di vista statistico, un processo impulsi di Poisson omogeneo filtrato. Nella figura seguente è rappresentato, simbolicamente, una possibile realizzazione del processo I(t) ed una sua interpretazione. La corrente di fotorivelazione può essere vista come il risultato di una operazione di "filtraggio", con un filtro avente risposta impulsiva h(t), di un processo impulsi di Poisson triangolo.gif - 875 Bytes(t) in cui, in corrispondenza dell'assorbimento del k-esimo fotone all'istante tk si ha la generazione di una funzione impulsiva.

FigIV5.gif - 4404 Bytes
Fig. 3.6 - Processo impulsi di Poisson filtrato.

Si può identificare, in questo senso, h(t) come una sorta di "risposta impulsiva equivalente" del fotorivelatore determinata, in ultima analisi, dalle caratteristiche elettriche del dispositivo. Il numero medio (intensità micro.gif - 834 Bytes) di impulsi elementari di corrente nell'unità di tempo risulta legato alla potenza ottica incidente sul fotorivelatore. Per derivare il legame tra micro.gif - 834 Bytes e P0 osserviamo che il valore medio della corrente di uscita è stato espresso, fenomenologicamente, come I = RP0; d'altronde il teorema di Campbell A (dalla teoria dei processi di Poisson) stabilisce che

IV13.gif - 1359 Bytes,

da cui si ottiene che

IV14.gif - 1277 Bytes.

L'intensità micro.gif - 834 Bytes del processo è costante (processo omogeneo) ed, in particolare, ciò comporta che il numero N di impulsi di corrente originati in un qualunque intervallo temporale di ampiezza T è una variabile aleatoria descritta di Poisson con parametro lamda-maiusc.gif - 863 Bytes = micro.gif - 834 BytesT. È possibile, allora, scrivere la corrente di uscita dal fotorivelatore come

IV15.gif - 1031 Bytes

ove i(t) è un processo di disturbo a valore medio nullo detto shot noise o rumore di granularità. Dal teorema di Campbell si trova, inoltre, che i(t) è un processo stazionario in senso lato e ha densità spettrale di potenza (d.s.p.)

IV16.gif - 1147 Bytes

ove H(f) è la trasformata di Fourier di h(t).
Nella figura seguente è rappresentata la situazione in cui la banda B del ricevitore che segue il fotorivelatore è molto minore della banda intrinseca del fotorivelatore stesso Bf , quest'ultimo determinato da H(f).

FigIV6.gif - 2991 Bytes
Fig. 3.7 - Densità spettrale di potenza del rumore shot.

Ai fini del calcolo della potenza di rumore shot in ingresso al ricevitore si può approssimare la relazione precedente con una d.s.p. costante

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e, quindi, il disturbo i(t) può considerarsi bianco con tale densità spettrale di potenza. Questa relazione mostra chiaramente come la densità spettrale di potenza del disturbo sia dipendente dal livello del segnale utile: maggiore è P0, maggiore è il valore medio I di uscita e maggiore risulta anche la Si(f)

IV18.gif - 1144 Bytes.

Nell'ipotesi Bf >> B si può definire un rapporto segnale-rumore intrinseco del fotorivelatore

IV19.gif - 1767 Bytes.

Da esso si vede che quando SNRpin >> 1, ovvero quando micro.gif - 834 Bytes >> B, la potenza ottica che viene rivelata è cospicua, in quanto l'energia viene raccolta nell'ambito di intervalli temporali aventi un'ampiezza paragonabile alla costante di tempo intrinseca del ricevitore 1/B. Una proprietà dei processi di Poisson derivante dal teorema del limite centrale assicura, in questo caso, che le statistiche di I(t) possono essere considerate con ottima approssimazione, coincidenti con quelle di un processo Gaussiano avente media e densità spettrale di potenza pari a quelle di I(t) stesso.


3.3.2 - Fotodiodo Valanga

Nel caso di un rivelatore valanga, su cui incide lo stesso flusso costante di radiazione luminosa, la corrente in uscita è modellata mediamente la seguente relazione

IV20.gif - 1300 Bytes

ove {Mk} è una successione di variabili aleatorie supposte indipendenti a valori interi equidistribuite che rappresentano, ciascuna, il numero aleatorio di elettroni generati per effetto valanga nel k-esimo evento di assorbimento all'istante tk. La corrente di uscita è, in questo caso, un processo impulsi di Poisson marcato, ovvero pesato dai coefficienti {Mk} statisticamente indipendenti dagli istanti {tk}, si trova che

IV21.gif - 1218 Bytes

e, poiché, dal punto di vista fenomenologico si ha

IV22.gif - 1162 Bytes

si ottiene immediatamente la relazione

IV23.gif - 1056 Bytes.

Poiché mu.gif - 834 Bytes misura la cadenza di assorbimento dei fotoni a prescindere dal fenomeno di moltiplicazione, esso assume ancora l'espressione

IV14.gif - 1277 Bytes

ed M assume, quindi, il significato di guadagno medio di fotorivelazione. Utilizzando ancora il teorema di Campbell nell'ipotesi che i guadagni {Mk} siano mutuamente indipendenti, si trova che il disturbo a valore medio nullo prodotto da un fotodiodo valanga

IV24.gif - 1123 Bytes

sovrapposto alla componente utile costante della corrente ha densità spettrale di potenza pari a

IV25.gif - 1297 Bytes,

da cui si possono fare considerazioni simili a quelle fatte nel caso del fotorivelatore p-i-n. Dalla relazione precedente si nota che, per effetto della aleatorietà del fenomeno di moltiplicazione, la rumorosità dello APD è incrementata rispetto a quella ipotetica (dspia-primo.gif - 1203 Bytes) competente ad un fotorivelatore in cui il guadagno M fosse costante su ogni fotone assorbito. Il fattore di incremento è pari a

IV26.gif - 1187 Bytes

che viene chiamato fattore di rumore in eccesso del diodo valanga. Infatti, dal calcolo del rapporto segnale-rumore intrinseco dello APD, nell'ipotesi Bf >> B, si ottiene

IV27.gif - 1732 Bytes

da cui è evidente un incremento intrinseco di rumorosità rispetto al diodo p-i-n proprio di tale fattore.
Mediante un'analisi dei fenomeni connessi alla ionizzazione per impatto si ricava una espressione del fattore F, in dipendenza di k = min(kA, 1/kA), il cui andamento è riportato nella figura seguente

IV28.gif - 1729 Bytes

FigIV7.gif - 5961 Bytes
Fig. 3.8 - Fattore di rumore di un rivelatore APD.

Risulta chiara la necessità di realizzare rivelatori valanga con kA molto piccolo (ionizzazione per soli elettroni) o molto grande (ionizzazione per sole lacune) in quanto in entrambe queste condizioni k << 1 e F circa.gif - 853 Bytes 2 con un peggioramento di soli 3 dB dello SNRAPD rispetto allo SNRpin. Nonostante il peggioramento dello SNRAPD intrinseco, vedremo più avanti il miglioramento dello SNR globale del ricevitore ottenuto mediante l'uso di rivelatori APD anzichè rivelatori p-i-n.


3.3.3 - Potenza Ottica Variabile nel Tempo

Nell'analisi del rumore di fotorivelazione effettuata si è prevista una potenza ottica incidente costante P0. Quando si ha che fare con segnali modulati tale grandezza varia nel tempo, cioè P0 = P0(t). La corrente di uscita del fotorivelatore è, in questo caso, ancora un processo di Poisson filtrato detto non omogeneo (o non stazionario) perchè l'intensità di tale processo non è costante nel tempo ma dipende dalla potenza ottica incidente. La dipendenza è simile a quella già ottenuta nel caso di radiazione costante ed è fornita dalla relazione

IV29.gif - 1183 Bytes.

Il processo I(t) non è stazionario e, quindi, in questo caso le statistiche del numero Nt di impulsi di corrente nell'intervallo temporale (t, t + T] dipendono dall'ampiezza dell'intervallo T e, anche, dal valore particolare di t scelto. Questo perchè Nt è una variabile aleatoria di Poisson con parametro

IV30.gif - 1189 Bytes

e, condizionatamente all'osservare esattamente n eventi nell'intervallo su citato (cioè condizionatamente ad Nt = n), i relativi istanti t1 , ...., tn pur essendo ancora indipendenti ed equidistribuiti come nel caso del processo omogeneo, hanno una densità di probabilità non uniforme

IV31.gif - 1587 Bytes.

Combinando queste proprietà si dimostra che il valore medio di I(t) è pari a

IV32.gif - 2560 Bytes.

Se il segnale trasmesso modula direttamente la potenza ottica trasmessa in fibra, l'intensità mu.gif - 834 Bytes(t) del processo di uscita al fotorivelatore è proporzionale a tale segnale; le relazioni precedenti evidenziano, allora, la particolarità del canale di trasmissione ottico a modulazione di intensità e rivelazione diretta (maggiormente dettagliato più avanti) che è quella di filtrare il segnale modulato con la risposta impulsiva del fotorivelatore h(t). Ammettendo che la banda B del segnale ottico modulato sia molto minore della banda del fotorivelatore (Bf >> B), il valore medio della corrente di uscita ricalca senza distorsioni la modulazione impressa sul segnale ottico; in ogni caso, anche quando Bcirca.gif - 853 BytesBf , la variazione di P0(t) può essere recuperata con facilità, ad esempio usando un filtro equalizzatore elettrico nel ricevitore che compensi opportunamente le distorsioni introdotte dalla risposta non ideale h(t) del fotorivelatore.
Poiché la componente di disturbo a media nulla non è stazionaria, la densità spettrale di potenza può essere calcolata con alcune accortezze. Definendo una autocorrelazione mediata

IV33.gif - 1514 Bytes

si trova una densità spettrale di potenza media del disturbo pari a

IV34.gif - 2066 Bytes.

Noto, allora, l'andamento di P0(t) è possibile svolgere calcoli di rapporto segnale-rumore (mediato nel tempo) per il ricevitore che segue il fotorivelatore. Nel caso Bf >> B il rapporto segnale-rumore medio per un diodo p-i-n sarà pari, ad esempio, a

IV36.gif - 2144 Bytes.


3.4 - Calcolo dello SNR dei Ricevitori per Segnali Ottici

La modellizzazione matematica precedente permette una valutazione delle prestazioni dei vari tipi di ricevitori per segnali ottici modulati che utilizzano questi dispositivi. Un tale tipo di studio, naturalmente, deve essere effettuato in modo circostanziato a seconda del tipo di trasmissione e del tipo di modulazione. Una caratterizzazione efficace anche se rozza, tuttavia, può essere effettuata indipendentemente dal tipo di segnale modulato effettivamente usato se, come parametro di bontà, si usa il rapporto segnale-rumore nella parte frontale elettrica (PDF File Linkfront-end) del ricevitore.
Il front-end del ricevitore può considerarsi, in prima approssimazione, dipendente dalla sola banda del segnale modulante che deve essere rivelato. A tal fine l'unica grandezza necessaria al calcolo del rapporto segnale-rumore è la banda equivalente di rumore B del ricevitore, commisurata alla banda del segnale da rivelare, che prescinde da specificazioni ulteriori sulla natura del segnale stesso.


3.4.1 - Calcolo dello SNR per il Ricevitore con Diodo p-i-n

Consideriamo, allora, lo schema a blocchi di una possibile realizzazione di un ricevitore per segnali ottici modulati, mostrato di seguito.

FigIV8a.gif - 2869 Bytes
Fig. 3.9 - Struttura di principio della parte frontale dei ricevitori per segnali ottici.

Il fotorivelatore è chiuso su di un resistore di carico RL, in modo che la relativa caduta di tensione provocata dalla corrente I(t) di fotorivelazione sia amplificata dall'amplificatore di tensione successivo, avente guadagno G. Tale amplificatore presenta una impedenza di ingresso elevata, in particolare, molto maggiore di RL; questa configurazione, infatti, viene detta ad alta impedenza. Per semplicità l'analisi viene svolta per un segnale non modulato in quanto il caso di un segnale modulato non comporta differenze concettuali e conduce a risultati analoghi al caso preso in considerazione nel seguito. Abbiamo visto che la componente utile I uscente dal fotorivelatore, p-i-n in questo caso, è accompagnata da una d.s.p. pari a q*I; se B è la banda equivalente di rumore del ricevitore il contributo di rumore shot equivale ad una potenza di rumore all'ingresso dell'amplificatore pari a

IV37.gif - 1208 Bytes.

Nel caso in cui la potenza ottica rivelata è piccola e, quindi, è piccola I, si deve considerare anche la corrente di buio Id fino ad ora trascurata. Poiché anche la Id è caratterizzabile come un processo impulsi di Poisson filtrato (dalla h(t)), il valore medio di esso è proprio la Id mentre la componente di fluttuazione aleatoria a valore medio nullo ha d.s.p. pari a q*Id. La corrente di bui genera, quindi, un disturbo la cui potenza è pari a

IV38.gif - 1048 Bytes.

Il resistore RL introduce, inoltre, una componente di disturbo, dovuta al rumore termico la cui d.s.p. è, se la temperatura del resistore è TL, pari a 2kTL/RL, ove k è la costante di Boltzmann. La potenza associata al rumore termico è dunque

IV39.gif - 1102 Bytes.

Se è nota, inoltre, la cifra di rumore FA dell'amplificatore riferita alla temperatura TL, il rumore totale, inteso come somma del rumore termico di RL e di quello interno dell'amplificatore riportato all'ingresso dello stesso, è pari a

IV40.gif - 1170 Bytes.

Osservando che tutte le componenti di disturbo prese in considerazione fino ad ora possono ritenersi indipendenti, il rapporto segnale-rumore all'uscita dell'amplificatore è pari a

IV41.gif - 2323 Bytes.

Considerando i valori tipici di P0 ed R per il diodo p-i-n si osserva che sigma.gif - 850 Bytes2Tot tende a dominare nettamente i contributi di rumore dovuti alla fotorivelazione ed alla corrente di buio, cosicché le prestazioni del ricevitore sono sostanzialmente determinate dalla RL di carico del fotorivelatore.


3.4.2 - Regime Limitato dal Rumore Termico e Regime Limitato dal Rumore di Fotorivelazione

Nel caso in cui sigma.gif - 850 Bytes2Tot >> sigma.gif - 850 Bytes2D, sigma.gif - 850 Bytes2SH si dice che il ricevitore si trova in regime di limitazione per rumore termico. In queste condizioni le componenti di rumore shot e di corrente di buio possono essere trascurate ed il rapporto segnale-rumore diviene

IV42.gif - 1410 Bytes.

Il disturbo è, in tal caso, additivo gaussiano bianco indipendente dal segnale cosicché, qualunque sia il tipo di modulazione, è semplice valutare le prestazioni dei ricevitori per le differenti tecniche di trasmissione. Dalla relazione precedente si nota che le prestazioni del ricevitore migliorano scegliendo una RL più grande possibile. Sfortunatamente l'esigenza di minimizzare la rumorosità del ricevitore è in conflitto con la necessità di mantenere una banda elevata. Consideriamo, infatti, la presenza della capacità CL all'ingresso dell'amplificatore, derivante dal parallelo della capacità d'ingresso dell'amplificatore e di quella intrinseca del fotorivelatore, è chiaro che il limite di banda fT del ricevitore è fT = 1/(2pgreca.gif - 860 BytesRLCL). Ogni incremento della RL porta, inevitabilmente, ad una riduzione della banda del ricevitore per cui, in generale, è necessario trovare un valore di compromesso. Si adotta, talvolta, uno schema di ricevitore con amplificatore a bassa impedenza d'ingresso Ri, nel caso in cui l'esigenza di una larga banda predomina su quella di basso rumore, cosicché la resistenza da considerare diviene, in pratica, il parallelo di RL e della Ri stessa.
Un diverso approccio per evitare limitazioni in banda consiste nell'uso di un front-end a transimpedenza, in cui l'amplificatore di tensione in parallelo alla RL viene sostituito con l'amplificatore di corrente mostrato di seguito.

FigIV8b.gif - 3399 Bytes
Fig. 3.10 - Parte frontale dei ricevitori per segnali ottici.

In questo caso l'impedenza di ingresso dell'amplificatore di tensione reazionato in corrente dalla Rf è pari a Ri = Rf/G, che può assumere un valore piuttosto basso (G >> 1). La resistenza vista dalla capacitá CL è il parallelo di RL con Ri, sostanzialmente pari in questo caso ad Ri e la banda del ricevitore è, quindi, fT = 1/(2pgreca.gif - 860 BytesCLRi) che risulta in generale maggiore del valore relativo al front-end ad alta impedenza. La corrente di fotorivelazione viene derivata verso l'amplificatore (in pratica scorre in Rf) e viene amplificata e trasformata nella tensione Vout = -Rf*I all'uscita dell'amplificatore. La corrente di rumore generata dal resistore Rf, avente d.s.p. pari a 2kTf/Rf, viene semplicemente a sommarsi a quella generata dal resistore; entrambe queste componenti possono adesso essere ridotte aumentando i valori delle resistenze senza penalizzare eccessivamente la banda passante.
Le descrizioni fatte fino ad ora sono di principio e devono essere raffinate nella reale progettazione del front-end. Si deve, ad esempio, tenere conto che nel ricevitore a transimpedenza può rivelarsi importante la capacità parassita Cf del resistore di reazione, fin qui non considerato, che può portare ad una prematura limitazione in banda per effetto Miller. Alcuni fotorivelatori vengono comunque commercializzati con uno stadio front-end di preamplificazione elettrica interno al package (generalmente realizzato in configurazione a transimpedenza) con dati dichiarati di banda e corrente totale equivalente di rumore, che semplifica notevolmente l'uso del componente nel progetto globale del ricevitore.
Se la progettazione del front-end è corretta, in modo da ridurre adeguatamente il rumore termico, e la potenza ottica rivelata è sufficientemente elevata, si dice che il ricevitore e nel regime limitato dal rumore di fotorivelazione (shot-noise limited). In queste condizioni, generalmente, il rumore dovuto alla corrente di buio è trascurabile rispetto al rumore shot e il rapporto segnale-rumore è quello intrinseco del fotorivelatore

IV43.gif - 1571 Bytes.


3.4.3 - Calcolo dello SNR per il Ricevitore con Diodo Valanga

Il calcolo del rapporto segnale-rumore per un ricevitore con diodo valanga (APD) può essere svolto nello stesso modo visto per il ricevitore con diodo p-i-n da cui, viste le condizioni generali sulle possibili strutture del front-end, si ottiene

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ove I ed Id sono, rispettivamente, le correnti medie utile e di buio relative ai soli portatori primari, cioè le componenti che si avrebbero in assenza di guadagno dello APD. In condizioni di regime dominato dal rumore termico si ha

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che evidenzia un guadagno di un fattore M2 rispetto al rapporto segnale-rumore del ricevitore con un diodo p-i-n, interamente dovuto al guadagno intrinseco M di fotorivelazione. Per questo motivo i rivelatori APD sono maggiormente impiegati nei casi di debole potenza ottica rivelata ed il ricevitore si trova a lavorare in regime limitato dal rumore termico.
Nel regime dominato dal rumore shot, invece, si ha

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che evidenzia una perdita pari al fattore di rumorosità in eccesso F dello APD rispetto al diodo p-i-n. Nei casi in cui il ricevitore si trova a lavorare in un caso intermedio si deve valutare di volta in volta l'opportunità, data una certa struttura di ricevitore e, quindi, dato un certo valore della sigma.gif - 850 Bytes2Tot, di usare un APD o un p-i-n. A questo scopo riscriviamo in modo sintetico il rapporto segnale-rumore per il caso generale del ricevitore con APD

IV49.gif - 1461 Bytes,

con ovvio significato dei simboli. Si osserva che all'aumentare di M tende a diminuire l'influenza del rumore termico; d'altronde all'aumentare di M tende a crescere anche il fattore di rumore in eccesso F, facendo così aumentare il contributo di rumore shot e di corrente di buio. È naturale pensare che esisterà in ogni condizione un valore ottimo di M che massimizza il rapporto segnale-rumore. Sostituendo nella relazione precedente l'espressione di F ed uguagliando a zero la derivata rispetto ad M, si ottiene un'equazione per calcolare il valore ottimo Mopt

IV51.gif - 1601 Bytes.

Si noti che Mopt risulta indipendente dalla banda del ricevitore. Nella figura seguente è riportato l'andamento di Mopt al variare di P0 e per vari valori di k, in cui sono stati adottati i parametri RL = 1 Komega-maiusc.gif - 840 Bytes , FA = 3 dB, R = 1 A/W, Id = 2 nA, T = 290 °K.

FigIV9.gif - 6577 Bytes
Fig. 3.11 - Guadagno ottimo dello APD in funzione di P0.

Quando il guadagno è forte e k > 10 -2, si può trascurare il secondo termine nella relazione precedente e si ottiene

IV52.gif - 1480 Bytes

la quale mostra l'inversa dipendenza di Mopt da P0 e da k.


3.4.4 - Sensibilità di un Ricevitore

Si definisce sensibilità (sensitivity) del ricevitore quel valore minimo di potenza pzerosgn.gif - 860 Bytes che consente di ottenere un prefissato valore del rapporto segnale rumore SNRsgn.gif - 923 Bytes per una data applicazione. Sostituendo I = R*pzerosgn.gif - 860 Bytes nell'espressione dello SNRAPD e ricavando pzerosgn.gif - 860 Bytes si ottiene

IV54.gif - 1858 Bytes.

Dalla precedente relazione si ottiene immediatamente, in condizioni di regime limitato dal rumore di fotorivelazione (sigma.gif - 850 Bytes2D = sigma.gif - 850 Bytes2Tot = 0), che

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mentre, nel caso di regime limitato dal rumore termico ([sigma.gif - 850 Bytes2Tot/M2] >> 2qFRpzerosgn.gif - 860 BytesB), si ottiene

IV57.gif - 1528 Bytes.

Sebbene nell'analisi precedente ci si è riferiti ad un ricevitore con APD, si possono ricavare risultati validi anche per un ricevitore con diodo p-i-n semplicemente ponendo F = M = 1.

 


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Alessandro Nordio, Dipartimento di Ingegneria dell'Informazione, Facoltà di Ingegneria, Pisa, © Copyright 1998-99.