Il combattimento di via Rasella del 23 marzo 1944
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Andrea Domenici

(last modified: 1998-04-17)

Nel pomeriggio del 23 marzo 1944, un gruppo di Gappisti romani, al passaggio di
una colonna di militari nazisti nel centro di Roma, fece esplodere una bomba ed
attacco` il reparto.  Morirono 33 tedeschi (32 immediatamente o entro poche
ore, 1 il giorno dopo) e ne furono feriti un centinaio.  Morirono anche due
italiani per l'esplosione, ed altri furono uccisi dai tedeschi.

I partecipanti all'azione erano: com. Carlo Salinari "Spartaco", Franco
Calamandrei "Cola", Giulio Cortini "Cesare", Laura Garrone-Cortini "Caterina",
Duilio Grigioni, Marisa Musu "Rosa", Ernesto Borghesi, Mario Fiorentini
"Giovanni", Lucia Ottobrini "Maria", Carla Capponi "Elena", Rosario Bentivegna
"Paolo", Raoul Falcioni, Silvio Serra, Francesco Curreli, Fernando Vitagliano
"Fernandino", Pasquale Balsamo, Guglielmo Blasi.

Al combattimento segui' la feroce rappresaglia nazifascista: 335 italiani,
prelevati dalle carceri di via Tasso, di via Lucullo e di Regina Coeli, furono
trucidati alle Cave (poi dette Fosse) Ardeatine.  Questa strage rimane uno dei
maggiori simboli della barbarie nazifascista, e pertanto la propaganda di
destra ha sempre cercato di giustificarla e di dipingere l'azione di via
Rasella come un gesto criminale.

Quanto segue cerca di rispondere in modo sintetico ma esauriente ad una serie
di affermazioni, generalmente tendenziose, che si sentono fare spesso su
quell'episodio.

Questo materiale si basa sul libro di Rosario Bentivegna e Cesare De Simone,
"Operazione via Rasella", Editori riuniti, 1996, con qualche interpolazione e
considerazione personale.

Altri libri consigliabili sono Robert Katz, "Morte a Roma", Editori Riuniti,
1996, e Lutz Klinkhammer, "Stragi naziste in Italia", Donzelli, 1997.


=== FREQUENTLY ASKED QUESTIONS (sort of) ====================

1.  I tedeschi promisero di risparmiare gli ostaggi, se gli autori
    dell'attentato si fossero consegnati.

Non ci fu alcuna promessa del genere, e la strage avvenne in segreto, come
conferma Kappler nella sua deposizione:

    "I partigiani avrebbero potuto organizzare un attacco fulmineo.  L'intera
    citta` avrebbe potuto insorgere. Per ragioni di sicurezza, le esecuzioni
    dovevano essere tenute segrete finche' non fossero state portate a
    termine".

E piu' esplicitamente Kesselring:

    DOMANDA:  Faceste qualche appello alla popolazione romana o ai
    responsabili dell'attentato prima di ordinare la rappresaglia?
    KESSELRING:  Prima no.
    D.:  Avvisaste la popolazione romana che stavate per ordinare
    rappresaglie nella proporzione di uno a dieci?
    K.:  No. [...]
    D.:  Ma voi avreste potuto dire 'se la popolazione romana non consegna
    entro un dato termine il responsabile dell'attentato fucilero` dieci
    romani per ogni tedesco ucciso'?
    K.:  Ora, in tempi piu' tranquilli, [...] devo dire che l'idea sarebbe
    stata molto buona.
    D.:  Ma non lo faceste?
    K.:  No, non lo facemmo.

    -- Atti del processo Kappler, Tribunale Militare di Roma.

Quanto all'idea assurda che i Partigiani avessero un qualsiasi obbligo morale
o militare di consegnarsi per salvare gli ostaggi, valga, per esempio, la
testimonianza di Arrigo Paladini, ufficiale del Centro Militare Clandestino
del gen. Montezemolo e prigioniero dei nazifascisti a via Tasso:

    "E` assurdo pensare che un attentatore si presenti al nemico, mettendo a
    repentaglio tutta un'organizzazione.  Se io ho una responsabilita`[...] in
    un qualsiasi reparto militare, e mi consegno ai tedeschi, do ai tedeschi la
    possibilita` di torturarmi e di conseguenza farmi parlare.  Da un punto di
    vista militare, le pretese che i Gap si presentassero mi sembra assurda.
    Senza contare che era poi molto improbabile che i tedeschi non avrebbero
    ucciso i 335 ostaggi, anche se avessero avuto in mano gli attentatori".


2.  I partigiani sapevano, fin dai bandi di Kesselring del settembre '43, che i
    tedeschi avrebbero fucilato dieci italiani per ogni tedesco ucciso, quindi
    non avrebbero dovuto compiere l'attacco di via Rasella.

Con la stessa logica, non avrebbero dovuto compiere alcuna azione.  Inoltre, i
Partigiani cecoslovacchi non avrebbero dovuto uccidere il Gauleiter Heydrich,
(alla cui uccisione segui' l'eccidio di Lidice), ed i Partigiani francesi
avrebbero dovuto rinunciare a tutte le loro attivita`, evitando forse i
massacri di Oradour-sur-Glane e di Tulle?  Ed il governo britannico avrebbe
dovuto arrendersi a Hitler, per evitare i bombardamenti sulle citta` inglesi?


3.  La rappresaglia tedesca era legittima e Kappler non venne condannato per
    l'uccisione di 330 ostaggi (nella proporzione 10 a 1), ma per averne
    uccisi 5 in piu'.

Vedi che guai combina la distrazione!  A parte il fatto che bisogna avere la
mentalita` dei burocrati nazisti per giustificare, al di la` di qualsiasi
argomentazione giuridica, una rappresaglia come quella delle Fosse Ardeatine,
Kappler e i suoi complici furono condannati in quanto:

    "[...] agendo con crudelta` verso le persone, con successive azioni
    esecutive del medesimo disegno criminoso, senza necessita` e senza
    giustificato motivo, per cause non estranee alla guerra e precisamente in
    esecuzione di sanzioni collettive stabilite per un attentato commesso il
    23 marzo 1944 in via Rasella, Roma, [...] cagionavano, mediante colpi di
    arma da fuoco esplosi con premeditazione, a cinque alla volta, alla nuca
    di ogni vittima, la morte di 335 persone, in grandissima maggioranza
    cittadini italiani militari e civili, che non prendevano parte alle
    operazioni militari".

    "[...] trattasi, difatti, [...] di omicidi commessi in relazione
    all'attentato di via Rasella, cioe` per una causa non estranea alla
    guerra, senza necessita`, [...] e senza giustificato motivo dal momento
    che va negata, [...] la sussistenza delle cause giustificatrici inerenti
    alla rappresaglia e alla repressione collettiva".

    -- Processo Kappler, Tribunale Militare di Roma, sent. n. 631, 20/7/1948.


4.  I partigiani non dovevano compiere operazioni a Roma, che era "citta`
    aperta".

Roma non e` mai stata "citta` aperta".  Il governo Badoglio dichiaro`
unilateralmente, il 14/8/1943, di considerare Roma come citta` aperta (cioe`
demilitarizzata), ma gli Alleati non accettarono.  Il gen. Calvi di Bergolo
firmo` la resa di Roma ai tedeschi il 10/9/1943, e le condizioni di resa
stabilivano che:

    "[...] le truppe tedesche devono stare ai margini della citta` libera di
    Roma, salvo l'occupazione della sede dell'ambasciata di Germania, della
    stazione radio di 'Roma I' e della centrale telefonica tedesca.  S.E. il
    generale di divisione Calvi di Bergolo, nominato comandante della citta`
    aperta di Roma, avra` alle sue dipendenze una divisione di fanteria per il
    mantenimento dell'ordine pubblico, oltre tutte le forze di polizia".

    -- pubblicato su L'Osservatore Romano, 12/9/1943.

I termini della resa non vennero mai rispettati.  Kesselring installo` in
citta` vari comandi militari e di polizia, la uso` come via di transito per
truppe e rifornimenti, esegui' rastrellamenti, arresti, deportazioni,
fucilazioni e torture.  Inoltre, fece arrestare il gen. Calvi di Bergolo col
suo stato maggiore e trasferi' ogni potere al comando tedesco.


5.  I partigiani di via Rasella non ebbero il coraggio di fare come Salvo
    d'Acquisto, che si accuso` di un attentato che non aveva commesso e venne
    fucilato al posto di 22 ostaggi che si salvarono grazie a lui.

Bisogna ripetere che i Partigiani di via Rasella avevano il _dovere_ di _non_
consegnarsi al nemico (v. sopra)!  Cio` detto, osserviamo che il caso del
carabiniere Salvo d'Acquisto e` completamente diverso.  Salvo d'Acquisto non
faceva parte della Resistenza, e quindi il suo gesto eroico non rischiava di
compromettere gli obiettivi e l'esistenza della lotta di liberazione.
(Incidentalmente: non c'era stato alcun attentato, ma l'esplosione accidentale
di una bomba in una perquisizione in una caserna della Guardia di Finanza).

Un gesto come quello di Salvo d'Acquisto fu compiuto dal sottufficiale della
Guardia di Finanza Vincenzo Giudice a Bergiola Foscalina (Carrara) il
16/9/1944, ma non valse ad evitare il massacro di 71 persone, fra cui bambini
bruciati vivi nella scuola, per mano delle SS e dei Briganti Neri.


5.  Nell'attentato morirono dei civili italiani, fra cui un bambino, dilaniato
    orribilmente dall'esplosione.

L'esplosione uccise un uomo non identificato ed il tredicenne Pietro
Zuccheretti.  Una donna, Fiammetta Baglioni di 66 anni, ed un uomo, Pasquale
di Marco, 34 anni, furono uccisi dai tedeschi, la donna nella
sua casa di via Rasella e l'uomo in via Quattro Fontane.  Un poliziotto
italiano, Erminio Rossetti, autista del questore collaborazionista Caruso,
venne ucciso dai tedeschi.  Nel rastrellamento successivo, vennero uccisi in
combattimento due Partigiani di Bandiera Rossa, Antonio Chiaretti ed Enrico
Pascucci.

La propaganda fascista ha sparso calde lacrime sulla morte del bambino di via
Rasella, ucciso per una fatalita` inevitabile nonostante i Gappisti avessero
fatto il possibile per allontanare i passanti.  Poche lacrime sono state
sparse sulle decine di bambini assassinati volontariamente e coscientemente
dai nazifascisti.

A proposito della morte di Pietro Zuccheretti, il "Giornale" e il "Tempo"
pubblicarono una foto in cui si vedevano un tronco umano ed una testa
staccata, che dovrebbero essere i resti del bambino.  Nella foto si nota
pero` il bordo di un marciapiede, che allora in via Rasella non c'era.  E`
lecito sospettare che si tratti di un falso, ma perche' ricorrere ad un falso
per documentare un fatto storicamente accertato?  Dobbiamo dedurre che i
giornalisti di destra sono talmente abituati alla menzogna, da sentirsi
obbligati a produrre prove false anche per dimostrare fatti veri.


6.   I partigiani avrebbero dovuto combattere fuori dalla citta` di Roma per
     non coinvolgere i cittadini nella guerra.

Se invece coinvolgevano i campagnoli andava tutto bene!  Sono stati i
nazifascisti a coinvolgere tutta l'Italia nella guerra.  A Roma in
particolare, al tempo dell'azione di via Rasella c'erano gia` stati vari
bombardamenti, la battaglia di Porta S.Paolo, la deportazione di 2000
carabinieri, quella di 1024 ebrei (di cui ne sopravviveranno 11), e le
innumerevoli violenze nazifasciste.


7.   Le vittime dell'attentato non erano delle SS, ma dei vecchi altoatesini
     disarmati, inquadrati in un reparto che aveva solo funzioni di ordine
     pubblico.

Il reparto era l'11a compagnia del 3o battaglione del reggimento "SS Polizei
Bozen".  Il battaglione dipendeva dal comando delle SS in Italia (gen. Wolff) e
a Roma dipendeva da Kappler.  I soldati della colonna di via Rasella (piu' di
150) erano armati e scortati, in testa e in coda alla colonna, da pattuglie
con mitragliatrici su motocarrozzette.  Cosi' un superstite, Konrad Sigmund:

    "Avevamo tutti cinque o sei bombe a mano attaccate alla cintola [...]"

Un altro superstite, Franz Bertagnoli:

    "Anche quella mattina, [...] ci dettero l'ordine di tenere il colpo in
    canna e di essere pronti a sparare".

       -- U. Gandini, "Quelli di via Rasella"

Il piu' anziano dei 33 morti era Jakob Erlacher, classe 1901, ed il piu'
giovane Franz Niederstaetter, 1917.

Il fatto che i soldati fossero altoatesini anziche' tedeschi di Germania
e` semplicemente irrilevante: tedeschi, altoatesini e fascisti erano tutti
nemici da colpire con ogni mezzo.  Comunque, per completezza, i soldati erano
reclutati sia fra gli _Optanten_ che fra i _Dableiber_, cioe` altoatesini
che avevano scelto la nazionalita` germanica e, rispettivamente, italiana,
e la provincia di Bolzano, insieme a Trento e Belluno, era stata annessa al
Reich col nome di Voralpenland.

Quanto alle funzioni di _solo_ ordine pubblico, sappiamo bene cos'era
"l'ordine pubblico" del regime nazifascista.  I battaglioni del reggimento
Bozen venivano impiegati nella lotta antipartigiana e commisero varie
efferatezze sia contro i prigionieri Partigiani che contro la popolazione:

    "Il 20 e 21 agosto '44 si ebbe il massacro di Boistal, in Cadore: la
    valle, che era in mano ai partigiani, fu percorsa dal [2o] battaglione del
    Bozen che non ebbe alcun riguardo per la popolazione, vennero uccisi donne
    e bambini e bruciati i villaggi, il tragico bilancio dell'operazione
    definita di polizia fu di 46 vittime.  Nel marzo 1945 il reggimento Bozen,
    coi suoi due battaglioni 1o e 2o, prese parte a una sanguinosa
    rappresaglia per un attacco partigiano nel quale morirono tre uomini della
    polizia sudtirolese.  I membri del reggimento impiccarono 14 prigionieri
    sulla piazza centrale della citta`.  Proprio in Belluno il Bozen e` giunto
    a triste fama per la sua brutalita`: alcuni membri del reggimento furono
    processati dal Tribunale militare per delitti di guerra".

    -- C. Franceschini, "Il trauma di Roma", in Suedtirol Profil.


8.  L'attentato di via Rasella fu vile, perche' i partigiani lasciarono li' la
    bomba e scapparono.

Chi accusa di vilta` i Partigiani dovrebbe mostrare il _suo_ coraggio
andandosene a giro con 18 kg. di esplosivo in una citta` occupata in tempo di
guerra, con la prospettiva, se catturato, di essere affidato al fascista Koch o
al nazista Priebke.

In effetti l'accusa di vilta` e` tanto cretina (oltre che carognesca) che mi
vergogno a parlarne, ma siccome di cretini ce ne sono tanti, e parlano a ruota
libera, sono costretto a ricordare che i Gappisti erano esposti al pericolo
ogni istante della loro vita, prima, durante e dopo le azioni.  Vivere in
clandestinita` significa poter essere scoperti per qualsiasi sospetto, per
qualsiasi avvenimento fortuito.  Bentivegna, travestito da spazzino, incontro`
due spazzini veri che si insospettirono e lo presero per un borsaro nero.
Carla Capponi, aspettando a lungo davanti a un'edicola, attiro` i sospetti di
due poliziotti.  Il centro di Roma era pieno di comandi e uffici militari, di
soldati, di poliziotti, di spie.

Quanto alla dinamica del combattimento, la bomba venne fatta esplodere con una
miccia di 50 secondi, e dopo l'eplosione una seconda squadra attacco` i
tedeschi (che erano bene armati, v. sopra) a colpi di bombe a mano (piu'
precisamente, bombe da mortaio Brixia adattate, fornite insieme al tritolo
della bomba principale dal Centro Militare Clandestino del gen. Montezemolo).

Ma forse i coraggiosi denigratori della resistenza avrebbero voluto che i
nostri Partigiani sfilassero nel centro di Roma inquadrati e in uniforme,
sventolando la bandiera e suonando tre volte la carica.  E naturalmente,
caricando all'arma bianca per non colpire i passanti con pallottole vaganti.
Mentre i tedeschi avrebbero potuto legittimamente falciare con le
mitragliatrici sia i Partigiani che i passanti, visto che i loro legittimi
comandanti glielo avevano legittimamente ordinato.

Infine, vale la pena di ricordare che nel 1968-69 il vile Bentivegna combatteva
ancora per la nostra liberta` contro la giunta dei colonnelli, traghettando
gli antifascisti greci attraverso l'adriatico.  Negli stessi mesi, alcuni
coraggiosi fascisti italiani si addestravano in Grecia e preparavano
l'attentato di piazza Fontana: fulgido esempio di ardimento fascista.


9.  L'attentato di via Rasella fu inutile sul piano militare.

Secondo i nemici della Resistenza, nessuna azione fu utile.  L'operazione di
via Rasella, tanto per cominciare, distrusse una compagnia di SS, i cui
superstiti furono rispediti a Innsbruck e non parteciparono alle deportazioni
di italiani (come fecero le altre due compagnie del 3o btg.) ed alla
repressione antipartigiana, ne' a Roma ne' in Italia settentrionale.  Al di la`
delle conseguenze immediate della singola azione, essa, insieme alle altre,
contribui' agli obiettivi generali della guerra partigiana: colpire il nemico
dietro alle linee, impegnare le sue forze, rendergli impraticabile il
territorio.  Come disse Kesselring:

    "Roma era diventata per noi una citta` esplosiva ... Per noi era un grave
    problema quello della sicurezza nell'immediata retrovia del fronte.  Tra
    l'altro ne risentiva direttamente anche il morale delle truppe
    combattenti, che non si potevano piu' mandare a Roma per brevi periodi di
    riposo e di licenza".

    -- Atti del processo Kesselring, Tribunale militare britannico di
      Trieste, 1946-47.


10. L'eccidio di 335 italiani alle Fosse Ardeatine fu inutile sul piano
    militare.

Evidentemente.


11. I nazisti stavano gia` perdendo la guerra e gli Alleati erano vicini a
    liberare Roma, quindi le azioni dei partigiani erano inutili ed inutilmente
    mettevano a rischio la vita dei cittadini innocenti.

Se i nazisti stavano perdendo la guerra, perche' non si arresero con i loro
servi fascisti, perche' non consegnarono Roma agli Alleati, risparmiando tante
sofferenze alla popolazione civile?  Inoltre e` quasi divertente osservare che
questa pseudoargomentazione contro la Resistenza viene fatta di solito da gente
che si riempie la bocca di "onore", "patria", "nazione" e via dicendo.  Tanti
discorsi, ma avrebbero voluto che gli italiani si rassegnassero ad essere
oggetto di conquista, rinunciando al riscatto etico e politico
dell'insurrezione antifascista.


12.  Le azioni dei GAP erano in contrasto con gli ordini del governo del Sud e
     quindi illegittime.

     "I partigiani di via Rasella facevano parte di una organizzazione
     militare inquadrata nella Giunta militare.  Questa, alla stessa stregua
     del Comando di liberazione, per il riconoscimento implicito ad essa
     fatto, attraverso numerose manifestazioni, dal governo legittimo e per i
     fini propri di quest'ultimo (lotta contro i tedeschi) che essa attuava in
     territorio occupato, si poneva come organo legittimo, almeno di fatto,
     dello Stato italiano".

      -- Processo Kappler, Tribunale Militare di Roma, sent. n. 631, 20/7/1948.

      "L'azione di via Rasella, anche se fosse stata, per ipotesi, realizzata
      contro le direttive dei comandanti militari accreditati presso il
      governo legittimo [...] non cesserebbe per questo di essere un atto di
      guerra"

      --  Tribunale Civile di Roma, sent. 9/6/1950.


13.  Le azioni dei GAP erano in contrasto con gli ordini dei comandi Alleati e
     quindi illegittime.

     "[...] attivare tutti i contatti e [...] dare tutte le disposizioni
     perche' le forze partigiane operanti nel Centro Italia prendano - anche
     in accordo con i locali centri OSS - iniziative offensive sul territorio
     [...]"

     -- fonogramma dal comando Alleato al governo Badoglio, 2/2/1944, Public
     Record Office, Londra, 456/S/12 Italy 65/7.


14.  Togliatti non ha voluto l'attentato di via Rasella.

Questa affermazione si basa su un presunto telegramma di Togliatti del 25
marzo, indirizzato al PCI romano, che condannava l'azione.  Questo telegramma
non e` mai stato trovato.  Nel numero 4, aprile 1996 di "Storia Illustrata",
un articolo dello storico Enzo Forcella si riferisce a tale telegramma, ma lo
storico afferma che tale riferimento e` stato aggiunto arbitrariamente dalla
redazione della rivista.


15.  Togliatti ha voluto l'attentato di via Rasella.

Questa affermazione si basa su un presunto biglietto di Togliatti letto
dall'ex-Gappista Guglielmo Blasi, il traditore che denuncio` i suoi compagni.
Questo biglietto non e` mai stato trovato.  Togliatti arrivo` in Italia il 27
marzo 1944, quattro giorni dopo l'azione di via Rasella, viaggiando dalla
Russia via Alessandria d'Egitto.  Come diavolo facesse a mandare telegrammi e
biglietti ai GAP o al PCI nella Roma occupata e` un mistero.

Ovviamente, se Togliatti avesse ordinato l'attacco non ci sarebbe stato niente
di male, ma comunque _non_ lo ha fatto.  Questa leggenda, insieme a quella
parallela dell'opposizione di Togliatti allo stesso attentato, dimostra la
compulsione a mentire caratteristica della propaganda antiresistenziale.  Non
per nulla e` stata ripresa dal "Giornale" di Feltri.


16.  I partigiani comunisti vollero provocare una sanguinosa rappresaglia per
     scatenare un'insurrezione.

Quindi i nazifascisti eseguirono una sanguinosa rappresaglia per aiutare i
Partigiani comunisti a scatenare un'insurrezione.  Geniale.


17.  I partigiani comunisti vollero provocare una sanguinosa rappresaglia per
     eliminare i capi della Resistenza di altre tendenze politiche, come gli
     ufficiali del Centro Militare Clandestino ed i militanti di Bandiera
     Rossa.

In questo modo i Gappisti avrebbero fatto eliminare anche parecchi militanti
del PCI, detenuti in via Tasso e a Regina Coeli, come Antonello Trombadori,
fondatore dei GAP, ed il Gappista Umberto Scattoni, che mori' appunto alle
Fosse Ardeatine.

Questa diabolica macchinazione comunista inoltre avrebbe dovuto celarsi anche
dietro a tutte le altre azioni commesse prima e dopo via Rasella.  E le
operazioni compiute dalle altre formazioni?  I Partigiani di Bandiera Rossa e
delle Brigate Matteotti, attaccavano anche loro i nazifascisti per il gusto di
far fucilare i loro compagni prigionieri?

La storia del complotto contro Bandiera Rossa nasce da un libro scritto da
Roberto Guzzo, unico superstite dei combattenti di Bandiera Rossa detenuti in
quei giorni, libro che e` stato sconfessato dagli altri Partigiani della stessa
organizzazione (v. intervista col com. Orfeo Mucci, "Liberazione", 29/6/1997).

Infine, volendo attribuire ai Gap comunisti tanto efferato cinismo,
bisognerebbe chiedersi se non fossero anche scemi oltre che traditori, per
mettersi ad organizzare un'azione pericolosa nell'attuazione e nelle
conseguenze, solo per eliminare degli "avversari" che erano gia` in mano al
nemico, con pochissime probabilita` di sfuggire.  Forse i sostenitori
della tesi del complotto comunista credono che in via Tasso 155 ci fosse
un ostello della gioventu'.


18.  L'attentato interruppe le trattative in corso fra Kappler e settori della
     Resistenza, che avrebbero favorito la ritirata tedesca senza danni per i
     civili.

Ne parla soltanto Roberto Guzzo (v. sopra), non esiste alcun riscontro ne' da
parte tedesca ne' da parte del CLN, ne del governo, ne' da chicchessia.


19.  Nel CLN ci fu una forte opposizione all'attentato.

Ci fu opposizione, dopo l'azione, da parte delle componenti piu'
conservatrici.  Tuttavia, il rappresentante liberale, Manlio Brosio, sostenne i
Gappisti ed affermo` che il CLN doveva assumersi la piena responsabilita` di
tutte le sue azioni armate, come in effetti avvenne:

    "[...] Sotto il pretesto di rappresaglia per un atto di guerra di patrioti
    italiani in cui esso aveva perduto 32 dei suoi SS, il nemico ha massacrato
    320 innocenti, strappandoli dal carcere dove languivano da mesi [...]"

    Roma, 28 marzo 1944.

                  IL COMITATO CENTRALE DI LIBERAZIONE NAZIONALE"

    -- pubblicato su "L'Unita`" il 13/4/1944 e su "Risorgimento liberale"
           il 15/4/1944.


20.  Sandro Pertini ha condannato l'azione di via Rasella.

     "Le azioni contro i tedeschi erano coperte dal segreto cospirativo [...].
     Naturalmente io non ne ero al corrente.  L'ho pero` totalmente approvata
     quando ne venni a conoscenza"

     -- S. Pertini, in G. Bisiach, "Pertini racconta", Mondadori, 1977,

Pertini era il rappresentante socialista nella Giunta militare del CLN.


21.  L'azione fu un'iniziativa individuale di Rosario Bentivegna e Carla
     Capponi.

La Giunta militare del CLN sollecito` le formazioni romane a svolgere azioni
militari clamorose.  La colonna tedesca venne proposta come obiettivo dal
comando dei GAP centrali di Roma, e la proposta venne approvata da Giorgio
Amendola, rappresentante dei GAP nella Giunta.  L'attacco venne condotto da 12
Partigiani, ed altri 5 parteciparono alla sua organizzazione.


22.  L'attentato di via Rasella fu l'unica azione di guerriglia entro la cinta
     urbana di Roma.

Solo nel mese di marzo ci furono 75 azioni di guerriglia urbana, fra cui
l'attacco ad una colonna di fascisti in via Tomacelli (10 marzo).  Fra le
numerose azioni urbane ricordiamo gli attacchi al comando tedesco all'Hotel
Flora, al Forte Bravetta, ai camion tedeschi davanti al cinema Barberini, alla
centrale telefonica tedesca della stazione Trastevere.


23.  Un articolo del settimanale "Oggi" del 1948 afferma che un sig. Massimo
     Di Massimo ospito`, la sera del 23 marzo, il Gappista Franco Calamandrei,
     il quale disse che i Gappisti prevedevano una grande rappresaglia ma non
     si sarebbero mai costituiti.

Questo venne smentito, l'anno successivo e in seguito ad una querela di
Calamandrei, dallo stesso Di Massimo.  Il Di Massimo aveva ospitato due
Gappisti, ma molto piu' tardi, cioe` il 10 maggio, e non si trattava ne' di
Calamandrei ne' di Bentivegna, ma di Mario Fiorentini e di Lucia Ottobrini.
Difficile capire cosa questi abbiano detto veramente, visto il modo sfacciato
in cui e` stata falsificata la notizia, col cambiamento di data e di identita`.

Nonostante la smentita, sul n. 17, nov. 1949, di "Oggi", la stampa di destra ha
ripreso piu' volte la falsa notizia, spesso mettendo Bentivegna o Carlo
Salinari (comandante dei GAP centrali) al posto di Calamandrei.  La piu'
recente versione di questo "scoop" cinquantenario ovviamente illustra le pagine
auree del "Giornale" di Feltri, 10/4/1996.


24.   Le intercettazioni telefoniche fatte dalla polizia della RSI dopo
      l'attentato, pubblicate recentemente dallo storico Aurelio Lepre,
      dimostrano che la popolazione era ostile ai partigiani.

Quelle intercettazioni dimostrano solo che la maggior parte dei possessori di
telefoni o erano fascisti o fingevano di esserlo.  Nel 1944 il telefono era un
oggetto di lusso, e questo seleziona in modo netto la classe sociale del
campione scelto per questo esperimento.  Inoltre, gli antifascisti si
guardavano bene dall'esprimere le proprie opinioni al telefono, sapendo
ovviamente che i telefoni erano controllati.  Ennesimo esempio dei
criteri "scientifici" del revisionismo.


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